Il Tevere, simbolo di Roma, oggi è noto per un primato poco invidiabile: è il fiume italiano con la maggiore quantità di rifiuti galleggianti. Ciò emerge da un’indagine dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), collegata al Ministero dell’Ambiente.
Le acque del Tevere, che attraversano Roma, contribuiscono in maniera significativa all’inquinamento del litorale laziale, specialmente tra Fiumicino e Ostia.
Il Ministero ha monitorato per un anno dodici dei principali fiumi italiani nell’ambito del progetto “From Source to Sea”. Il Tevere è risultato il più inquinato.
Lo studio ha esaminato il tratto del fiume che attraversa Roma, in particolare a valle della diga di Castel Giubileo. In questo tratto, le rive sono spesso occupate da insediamenti irregolari e attività illegali di smaltimento rifiuti.
La distribuzione dei rifiuti varia nel corso dell’anno: la primavera registra oltre il 30% del totale, mentre l’inverno ha la concentrazione più bassa. I rifiuti plastici superano l’80%, con il 27% costituito da plastica monouso. Anche gli attrezzi da pesca, seppur in misura minore, sono presenti. Molti dei rifiuti marini provengono dalla terra e sono trasportati dai fiumi fino al mare.
Per studiare meglio il percorso dei rifiuti, sono stati impiegati contenitori dotati di tracciatori GPS. Questi hanno seguito il viaggio dei rifiuti, dimostrando che si accumulano in presenza di ostacoli e sono poi spinti rapidamente verso il mare quando aumenta la corrente. Alcuni tracciatori sono arrivati fino alle spiagge, mostrando l’impatto diretto dei rifiuti fluviali sulle coste.
Le informazioni ottenute sono cruciali non solo per la gestione nazionale dei rifiuti, ma anche per affrontare il problema a livello internazionale. L’inquinamento da macro-rifiuti ha conseguenze gravi sugli ecosistemi marini, richiedendo un’azione coordinata a livello globale.
Il Tevere, un tempo celebrato per la sua bellezza e il suo legame con la storia di Roma, oggi rappresenta una sfida ambientale urgente. Proteggere i fiumi significa anche salvaguardare i mari, e il monitoraggio è solo l’inizio di un lungo percorso per fronteggiare questa crisi crescente.
Articolo a cura di Francesca Giovannini