Perché si scrivono poesie? Rispondo con una frase tratta dal famoso film “L’attimo fuggente” in cui il professor Keating, interpretato da Robin Williams, diceva: “Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino. Noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana. E la razza umana è piena di passione”.
E domenica pomeriggio nello splendido luogo quale è il Foro di Preneste, a Palestrina, Renata Tomassi ha presentato il suo primo, e ci auguriamo non ultimo, libro di poesie dal titolo “Tra cielo e terra…disegniamo la vita per l’eternità”, alcune delle quali sono state lette da Federico Del Monaco e Marzia Baroni.
Già il titolo dà la cifra della qualità poetica dei versi di Renata…ma leggendolo io lo avrei intitolato “Dalla terra al cielo”. E il perché l’ho ritrovato in un libro di molti decenni fa, “La Poesia” di Benedetto Croce, una vera auctoritas della cultura italiana della prima metà del Novecento, dove trovai scritto “La poesia è figlia del sentimento, la letteratura invece del pensiero. La poesia è l’espediente con il quale l’uomo trasforma in immagini concrete la materia informe del sentimento, riconduce l’individuale all’universale, il finito all’infinito: in una immagine si ritrova l’universo”.
Una serata di alta poesia, ma anche di approfondita critica da parte del poeta e professore Luciano Giovannini, e della responsabile della casa editrice Daimon, Alessandra Prospero, che ci hanno proiettato, parlando della cifra stilistica di Renata, verso poeti come Saba, Cardarelli, Ungaretti… per una volta tanto non si è trattato della solita introduzione ma di una vera lezione di storia letteraria contemporanea, di quello che fu l’ambiente letterario del primo novecento italiano.
Ma su tutti svetta Umberto Saba. Perché, come Saba, i versi di Renata vanno alla ricerca delle verità interiori dell’uomo, scandagliando la coscienza, che è propria della fede che Renata ripone nell’universale che è Dio. Questa sua ricerca interiore a cui unisce la semplicità della parola, come in Saba, che esprime attraverso versi “per sottrazione”, una musicalità che forse le viene anche dalla ormai lunga frequentazione con la polifonia di Pierluigi da Palestrina a cui con un linguaggio famigliare riesce a esprimere la realtà di tutti i giorni. Scherzando potremmo dire che Renata è “la Saba di Palestrina”.
Ci sono vari modi, quando si giunge al tramonto della vita, per ricordare: lo puoi fare attraverso il romanzo oppure, come fa Renata, attraverso la poesia in un lungo percorso “tra cielo e terra”.
E proprio gli ultimi versi che chiudono la silloge poetica dedicati alla “Vita”
Eccolo il Cavaliere Bianco
ha sfondato il Male
la sua arma una croce antica
consumata graffiata sbiadita.
La porta è rotta è spianata.
Cosa c’è? Cosa appare?
Forse il Nulla?
Tanta musica, mi pare
l’Infinito è il suo Signore
ci restituiscono la vera essenza di ciò che è Renata, per tutti quelli che la conoscono.
Il perdersi nell’infinito che non è certo la disperazione del Nulla. Ma il luogo dove il “suo Signore” manifesta tutta la sua potenza.
Scriveva Edgar Alla Poe “La parola “infinito” – come le parole “Dio”, “spirito” e alcune altre, i cui equivalenti esistono in tutte le lingue – non è espressione di un’idea, ma espressione dello sforzo verso quell’idea”.
Ecco Renata con i suoi versi, attraverso parole semplici, ma anche spesso cariche di profonda spiritualità
Il silenzio non è il vuoto
il silenzio è
un pellegrinaggio nel tempo
verso un mondo articolato
variegato, fantastico…
ci spinge “verso quell’idea”, ci spinge a ricercare quell’infinito che è dentro ciascuno di noi, come un altro grande poeta fece
Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare”
Un invito del Poeta, ma che ritrovo anche nei versi di Renata, di un annullamento del pensiero e un lasciarsi abbandonare dolcemente “in questo mare” che è la Vita.
E “infinito” è quello che ci rimanda l’Apocalisse “Io sono l’Alfa e l’Omega” e che fa tutt’uno con “eternità” perché Dio è “Colui che è, che era e che viene”.
Può allora il verso di una poesia restituirci la totalità dell’essere? La risposta, se vi ponete con animo libero e sgombro dai rumori della vita quotidiana, la potete cercare nei versi di Renata Tomassi.
L’evento di domenica è stato organizzato dal Circolo Culturale Prenestino Roberto Simeoni di Palestrina perché abbiamo voluto non solo rendere omaggio ad una nostra concittadina e socia del Circolo, come ha ricordato la presidente Rita Di Biase, ma soprattutto continuare quel “lavoro culturale” che portiamo avanti con fatica, ma che viene ripagato con giornate come quella di domenica. Un lavoro che ha visto il Circolo Simeoni, in passato, in altri momenti dedicati alla poesia: dal Festival della Poesia, da titolo “Poesia Aperta” che ha visto oltre a poeti quali Pecora, Ghilardini, Stepanova anche il prefatore del libro di Renata, Luciano Giovannini, ma anche dando spazio ad un poeta pakistano Umeed Alì e dedicando due reading poetici ad Alda Merini e a Faroug Farrokhad, una poetessa contemporanea iraniana.
Continueremo a diffondere il piacere di leggere poesie perché la poesia non ci dice esattamente in cosa dovremmo credere, ma ci lascia liberi di credere. E chiudo con un augurio a Renata Tomassi attraverso i versi di Emily Dickinson:
alcuni dicono che
quando è detta
la parola muore.
Io dico invece che
proprio quel giorno
comincia a vivere.
Articolo a cura di Roberto Papa
Responsabile Culturale Circolo Simeoni









