A partire dallo scorso 15 maggio sono entrate in vigore le nuove accise sui carburanti stabilite dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. Il provvedimento, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 14 maggio, prevede un ribasso di 1,5 centesimi al litro per la benzina e un aumento della stessa entità per il gasolio.
Una mossa che punta a ridurre lo storico divario tra le due imposte ma che riflette anche un orientamento strategico del Governo: disincentivare progressivamente l’uso del gasolio a favore di carburanti meno impattanti sull’ambiente.
Fino al 14 maggio, le accise ammontavano a:
- 728,40 euro per mille litri di benzina (circa 72,8 cent/litro),
- 617,40 euro per mille litri di gasolio (circa 61,7 cent/litro).
Con le nuove disposizioni, i valori aggiornati sono:
- Benzina: 71,3 cent/litro,
- Gasolio: 63,2 cent/litro.
La differenza tra i due carburanti si riduce così a circa 8,1 centesimi al litro, contro gli 11,1 centesimi precedenti.
Perché questa scelta?
L’obiettivo dichiarato è duplice: da un lato armonizzare le accise, dall’altro promuovere un minor utilizzo del gasolio, tradizionalmente più inquinante.
Il riallineamento rientra in una più ampia strategia di transizione ecologica e risponde anche a esigenze di bilancio pubblico. Le maggiori entrate derivanti dall’incremento sull’accisa del gasolio saranno destinate al Fondo nazionale per il trasporto pubblico locale, con particolare attenzione al rinnovo dei contratti del settore.
In sintesi, un piccolo ritocco sui prezzi alla pompa che nasconde una chiara intenzione politica: usare la leva fiscale per cambiare abitudini di consumo e sostenere i servizi pubblici.
Articolo a cura di Francesca Giovannini