La popolare serie TV “Squid Game”, che ha conquistato milioni di spettatori, potrebbe essere stata ispirata da una storia reale tanto drammatica quanto sconosciuta: quella della Brothers Home, un luogo tristemente famoso in Corea del Sud per abusi e violazioni dei diritti umani tra il 1975 e il 1987. Questa struttura, apparentemente destinata alla rieducazione dei senzatetto, nascondeva in realtà un vero e proprio inferno, con circa 40.000 vittime, tra cui bambini, disabili e oppositori politici. Il direttore Park In-geun sfruttò questo sistema per arricchirsi, accumulando un patrimonio equivalente a oltre 90 milioni di euro.
Nata come orfanotrofio nel 1960 e successivamente trasformata nel più grande centro assistenziale della Corea del Sud, la Brothers Home si inseriva in un piano statale che prevedeva la creazione di 36 strutture simili, progettate per “ripulire” il Paese dagli indesiderati. Ma dietro ciò si nascondeva una realtà disumana: solo il 10% delle persone imprigionate erano effettivamente senzatetto, mentre gli altri includevano disabili, venditori ambulanti, prostitute e persino bambini rapiti.
Le condizioni all’interno della struttura erano agghiaccianti. Il direttore, un ex militare profondamente cattolico, imponeva un regime brutale, con detenuti costretti a subire punizioni corporali, lavori forzati e abusi quotidiani. Per intrattenersi, le guardie organizzavano giochi violenti, richiamando inquietanti parallelismi con le sfide viste in Squid Game. Anche l’iconica tuta blu dei detenuti nella serie potrebbe essere stata ispirata da quella indossata nella Brothers Home.
Il vero motore dietro questa crudeltà era il denaro. Più detenuti significavano più sovvenzioni statali, che venivano dirottate nelle tasche di Park In-geun. La capienza della struttura era di 500 persone, ma si arrivava a contenerne fino a 4.000 contemporaneamente. Non sorprende che il direttore sia riuscito a mettere da parte una fortuna enorme, mentre le vittime venivano sfruttate nei campi, nell’edilizia e nella produzione di beni.
Nel 1987, dopo anni di silenzi e complicità da parte del governo, Park In-geun fu arrestato per appropriazione indebita e confinamento illegale. Tuttavia, grazie ai suoi legami politici, ricevette una pena lieve: solo due anni e mezzo di carcere. Le terribili violazioni dei diritti umani, così come le voci delle vittime, furono messe a tacere per anni. Solo nel 2012, grazie al coraggio di un sopravvissuto e all’intervento di un professore universitario, la verità iniziò a emergere, costringendo il governo a riconoscere la portata di questa tragedia.
La vicenda della Brothers Home rimane una delle pagine più nere della storia sudcoreana, un ricordo doloroso di come il potere e la corruzione possano generare atrocità impensabili. Sebbene il creatore di Squid Game, Hwang Dong-hyuk, non abbia mai confermato il collegamento diretto con questa storia, i parallelismi sono inquietanti e invitano a riflettere sul passato, per evitare che simili orrori si possano ripetere.
Articolo a cura di Francesca Giovannini