Dopo oltre quindici anni di scontri legali, politici e cittadini, un’ultima pronuncia ha decretato la fine di una vicenda urbanistica controversa: Villa Adriana non sarà circondata da palazzi.
Il Consiglio di Stato ha respinto definitivamente il ricorso avanzato da un’azienda immobiliare contro la precedente sentenza che, a sua volta, aveva annullato le delibere necessarie per la lottizzazione nei pressi del sito archeologico. I giudici hanno definito il ricorso “infondato nel merito”, sancendo così che non ci saranno i 180mila metri cubi di cemento che avrebbero deturpato la zona protetta.
Si chiude così anche lo spettro di un potenziale esborso risarcitorio multimilionario per il Comune, una battaglia vinta sul fronte della tutela del paesaggio. Si attende ora l’udienza di novembre per decidere su un eventuale indennizzo ma il primo colpo decisivo è stato assestato da questo verdetto.
Il rigore è stato ribadito anche in riferimento agli strumenti urbanistici: i piani paesaggistici regionali prevalgono sulle scelte urbanistiche locali, conformemente alla Costituzione. Questo principio ha smontato anche la credenza, promossa dall’amministrazione all’epoca dei fatti, che il Comune avesse già accolto alcune osservazioni fondamentali da parte della Regione; in realtà quelle osservazioni erano state respinte.
Villa Adriana, patrimonio mondiale dell’Unesco, è stata tutelata anche grazie al rispetto della “buffer zone”, la fascia di protezione intorno al sito, il cui rispetto è essenziale per mantenere lo status Unesco. Qualsiasi violazione avrebbe potuto compromettere il valore mondiale del complesso archeologico.
Questa vicenda mette in luce i limiti dell’azione pubblica in certi casi, l’approvazione originaria rimane un elemento di forte criticità, e la necessità di vigilanza civica sul rispetto delle normative paesaggistiche. Ma oggi, grazie all’ultimo pronunciamento della Corte amministrativa suprema, il profilo archeologico di Roma resta intatto.
Articolo a cura di Francesca Giovannini









