Mercoledì sera grande successo per la presentazione dell’ultima opera (la numero 45) del prof Luigi Bandiera, organizzato dal Circolo Culturale Prenestino Roberto Simeoni APS, presente la presidente Rita Di Biase.
Davanti a un folto pubblico, molti sono rimasti in piedi, il prof. Bandiera ha spiegato il perché della sua opera sul “Il Mito di Ceculo e la Fondazione di Preneste”, la differenza tra mito e storia, la storia dell’immagine di copertina con il Dio Vulcano e Ceculo, insieme a diversi aneddoti che sono alla base del libro.
Il prof. Luigi Bandiera, lo sappiamo, è uno studioso che per Palestrina è una garanzia di serietà storica e filologica, per aver passato la sua lunga vita sulle “sudate carte” e i cui studi si basano sulle fonti e documenti che come scrive lo storico francese Marc Bloch in Apologia della Storia “è una grande illusione credere che a ciascun problema storico corrisponda un unico tipo di documenti”.
Questa opera sul “mito di fondazione” di Palestrina fa seguito ad altri importanti studi di Bandiera, a partire dall’opera che da questa città prende il titolo, “Palestrina”, forse l’opera più completa sull’ultrasecolare storia di una città, che precede un altro mito di fondazione: quello di Roma.
Il libro di Luigi Bandiera, “Il mito di Ceculo e la fondazione di Preneste”, ci restituisce una storia che nel corso dei secoli si fa comunità e arriva fino al noi di oggi. Un mito che si fa narrazione “di lunga durata”. Un mito che diventa chiave interpretativa della forma che ha assunto la città, delle sue trasformazioni nel corso del tempo.
Quando ho citato Marc Bloch è perché nel libro di Bandiera è forte il suo richiamo alla storia rispetto a quello che è la narrazione.
La narrazione è una forma ancestrale e potentissima di comunicazione, da cui nascono i miti, per cui raccontare “narrazioni” è anche un modo di manipolare gli altri. Essa ha lo scopo principale di condizionare e influenzare le menti altrui.
La Storia, invece, deriva dal greco “Istoria” che significa “ricerca e indagine” ed è la disciplina che si occupa dello studio del passato tramite l’uso di fonti, di documenti, testimonianze e racconti che trasmettono il sapere del passato.
E il libro di Bandiera pur tenendo presente quella parte di narrazione che si fa mito è un libro che basa il suo pensiero sulla storia. Perché conoscere la storia è un bisogno insopprimibile dell’essere umano. Per sapere chi siamo dobbiamo sapere da dove veniamo: chi non ha memoria del passato è come un individuo senza identità.
Il nuovo libro di Bandiera è dunque un testo che tutti, soprattutto le giovani generazioni, dovrebbero leggere per sapere da dove veniamo ma soprattutto chi siamo e dove vogliamo andare. Consigliamo alle scuole prenestine, ma non solo, di adottarlo come testo scolastico di storia locale.
A seguire sono intervenuti Roberto Papa, responsabile culturale del Circolo Simeoni di Palestrina e Paolo Bandiera, Direttore Affari Generali e Relazioni Istituzionali dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla, ma oggi in veste di figlio dell’autore del libro. Tutti e due hanno affrontato il Mito e il suo significato, cogliendo alcune interessanti riflessioni presenti nel libro. Come quella espressa da Paolo Bandiera relativa alla data di Fondazione di Preneste, che secondo Luigi Bandiera va collocata dopo la distruzione di Troia, la fuga di Enea e il suo approdo laziale nell’anno 1194. Il giorno 11 aprile viene ricavato dai “Fasti Prenestini” un antico calendario attribuito a Verrio Flacco, giorni in cui si festeggiava a Preneste con “riti e sacrifici solenni e si apriva al pubblico la sede arcana dell’oracolo”.
Una data che, a differenza di quella della fondazione di Roma e del mito di Romolo 21 aprile del 753 a.C., non viene ricordata. E Paolo Bandiera, ha confessato che l’11 aprile lui quella data la ricorderà, anche per rendere omaggio agli studi del padre.
Il richiamo ai miti, e questo emerge chiaramente nel testo di Bandiera, ci indica un percorso che anche noi moderni dovremmo intraprendere: quello di una rinascita di un mondo mitico ed eroico, che stia alla base di una Europa che riconquisti la sua dimensione simbolica, un’Europa che non sia solo costruzione materiale ma anche spirituale, che possa salvare il mondo da un destino che, senza i miti su cui si è costruita, va verso un’apocalisse annunciata.
Il libro di Bandiera, pur nella sua brevità, ma spesso brevità non significa “semplicità”, ci vuole mostrare la concezione della vita propria della società arcaica, quale era Preneste al tempo di Ceculo.
E allora bene ha fatto il prof Bandiera ad offrirci questo libro perché ogni civiltà che si è sviluppata sulla Terra ha sentito l’esigenza di elaborare dei racconti per rispondere alle grandi domande di fondo che sfuggivano alla comprensione logica. Davanti all’universo, ai fenomeni naturali quali l’alternarsi del giorno e della notte o il cambio delle stagioni, oppure di fronte al nascere e al morire, gli esseri umani hanno sempre provato sbigottimento e meraviglia e hanno cercato darsi una interpretazione. I miti costituivano un tentativo di risposta ai grandi interrogativi dell’esistenza, una spiegazione che, in assenza di una conoscenza scientifica e psicologica, cercava di dare corpo a un ordine etico e morale, all’interno del quale l’uomo poteva riconoscersi e trovare il senso di ogni accadimento.
Particolarmente significativo è stata la chiusura dell’intervento di Roberto Papa che compiendo un volo pindarico è giunto fino ad oggi con una citazione di John Lennon:
“Siamo figli della mitologia greca: sì, è vero, abbiamo la spada di Damocle sopra la testa, il nodo gordiano attorno al collo, la pietra di Sisifo nelle mani, il volo di Icaro sulle spalle e l’immagine di Narciso negli occhi.
Ma siamo anche Teseo che uccide il Minotauro, Perseo che solleva la testa della Medusa, Giasone e gli Argonauti che catturano il vello d’oro e Ulisse che, dopo mille peripezie, ritorna a Itaca.
Credo in ogni cosa fino a quando non si dimostra il contrario. Quindi credo nelle fate, nei miti, nei draghi. Tutto esiste, anche se è nella nostra mente.
Chi ci dice che i sogni e gli incubi non sono reali come il qui e ora?”
Roberto Papa
Responsabile Culturale del Circolo Simeoni