Quella maledetta guerra, che ogni generazione anche se non l’ha vissuta ne ha sofferto le conseguenze, lascia tristi ricordi.
Avevo 5 anni quando mio padre cantoniere si guadagnava il pane in quella lunga strada chiamata fettuccia che da Cisterna conduce a Terracina, dovemmo andar via a causa dei bombardamenti per trasferirci in un paesino chiamato Maenza.
Fu lì che mio padre comprò delle capre, ed io fanciullo con i calzoni corti cominciai ad aiutare la famiglia. Avevo poco più di sette o otto anni quando vedendo l’alba vincere l’ora mattutina, dovevo portare le capre al pascolo.
Di quei tempi lontani mi ritornano in mente bei ricordi: le lunghe giornate le trascorrevo facendo le mie prime sculture. Il materiale: dei pezzi di legno e dei sassi che intagliavo e graffiavo con un piccolo coltellino. Un Cristo di legno fu il mio primo capolavoro che mostravo a tutti con orgoglio.
La mamma si arrangiava vendendo frutta e verdura, erano tempi duri.
Fu in quel periodo che mi mandarono a vivere da mia sorella a Roma. Poco dopo iniziò la mia vita con il vero lavoro.
Nel laboratorio dello scalpellino Gismondi, mio primo Maestro, mentre passavo gli attrezzi da lavoro, rubavo con gli occhi.
Non passò tanto tempo quando iniziai a riempire le mie giornate lavorando con martello e scalpello. In quel periodo conobbi lo scultore Francesco Coccia, autore del monumento alle Fosse Ardeatine. Fu un susseguirsi di conoscenze quando ancora giovinetto, consigliato dalla Contessa Agnese Bellezza, mi iscrissi all’Accademia San Luca in Roma.
Avevo poco più di 18 anni: a Sperlonga, cittadina sul mare del basso Lazio, la mia prima mostra, i primi soldini. La prima galleria a Roma, avevo 20 anni.
Fu un succedersi di mostre con opere di pittura e scultura in marmo e in bronzo. Con il tempo mi perfezionai sempre di più.
La “Cittadella dell’Arte” nel 1970, Palestrina, la cittadina che mi ha accolto con tanto calore e a cui sarò sempre riconoscente.
“I Chiodi si moltiplicarono” fu l’opera che ebbe tanto successo alla prima mostra tenuta nei locali scolastici in Viale della Vittoria.
Fu un avvicendarsi di richieste di lavoro non solo nei paesi limitrofi: Castel San Pietro Romano, Valmontone, Artena, Carpineto, Anguillara, Brindisi…ma anche oltralpe: Francia, Londra, Malta, New Jersey, Malesia… ricordo anche altre tipologie di lavori che mi tornano in mente: tombe cimiteriali, oggetti religiosi come calici, leggii, via Crucis, fonti battesimali etc.
Due sono le opere delle quali vado particolarmente fiero: “L’eterna giovinezza”, una tela di 150 metri di lunghezza per circa 1,5 di altezza nella quale ho voluto esprimere emozioni, in un momento della mia vita, del presente, del passato e del futuro; altrettanto importante è l’opera “Teverina” che in 100 quadri la mia fantasia creativa ha voluto raccontare la leggenda di una fanciulla dell’età romana venuta a Praeneste.
Ancora tanto avrei da dire della mia vita; ho raggiunto la veneranda età di 87 anni ma non mi arrendo: colori, pennelli, martello e scalpello sono sempre a mia portata di mano per tirare fuori quello che ancora ho nel mio animo.
Giuseppe Turianelli per Gabriele Jagnocco