È noto che il PIL (prodotto interno lordo) misura la ricchezza di una nazione in relazione agli indici di sviluppo economico, il calcolo non tiene conto dei servizi prodotti dalle imprese all’estero (per questo si chiama prodotto interno) e soprattutto, a nostro parere, non misura l’elemento più importante: la felicità della collettività; ricordiamo che esiste un rapporto redatto a seguito della risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite fin già dal Giugno 2011 che invita i Governi a “dare maggiore importanza alla felicità e al benessere come misure dello sviluppo economico”. Il documento cerca di valutare così il livello di soddisfazione di vita in un gran numero di Paesi molto diversi tra loro.
Il diritto alla felicità dovrebbe avere una sua legittimazione costituzionale e se la felicità non esistesse cosa sarebbe la vità? Quest’ultima la domanda che ossessionava Giacomo Leopardi e che ancora oggi dovrebbero considerare i nostri amministratori e tutti gli imprenditori all’insegna di un auspicabile capitalismo umanistico; l’argomento in effetti è stato già esaminato, con una lectio magistralis, dalla Fondazione “Guido Carli” alla Luiss teatro di un dialogo tra l’ex sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Gianni Letta e l’imprenditore Brunello Cucinelli.
Il benessere economico di una Nazione coincide con quello morale della popolazione? Probabilmente la felicità garantisce quella spinta propulsiva al raggiungimento degli obiettivi. La ricchezza materiale può concorrere al sogno temporaneo della felicità ma quest’ultima certamente può sostenere l’ottimismo e la passione che uniti alle competenze professionali generano il successo economico. È inopinabile che se presi dal lavoro e ci si dedica troppo poco tempo allo spirito, manca la felicità.
È giusto, dunque, che il diritto alla felicità venga contemplato nella nostra carta costituzionale e rivolgiamo un plauso alla proposta della fondazione “Guido Carli” e moltissimi complimenti al pregevole intervento di Gianni Letta e Brunello Cucinelli.
Massimiliano Negri