Quando i formati e la quantità di un prodotto vengono ridotti, a fronte di un prezzo invariato o lievemente superiore allo standard, si parla di una mirata strategia commerciale nota come “shrinkflation”.
Questa pratica viene utilizzata sempre di più, per esempio, dalle grandi catene alimentari: infatti, se un palese aumento di prezzo allontana il potenziale acquirente e desta in lui un atteggiamento negativo, la variazione nella quantità di un prodotto è un’ottima alternativa con cui far passare inosservata l’inflazione, ovvero l’aumento generalizzato dei prezzi dei beni di consumo.
In genere vengono individuati due scenari per cui le aziende dovrebbero scegliere questa pratica.
Il primo scenario vede lo shrinkflation come una risposta, da parte delle aziende, a un evento improvviso che aumenta i costi di produzione o delle materie prime (per esempio lo scoppio di una guerra, una pandemia, ecc).
La seconda motivazione, stavolta una consapevole strategia aziendale, avviene in risposta all’aumento della domanda da parte dei consumatori, che ha come conseguenza la riduzione della disponibilità del prodotto. Essendo il prodotto difficilmente reperibile, il venditore ha la possibilità di aumentarne il prezzo.
Se entrambe le scelte possono essere giustificate e risultare legittime, a complicare il discorso è la sfera individuale del consumatore. È qui che l’archiviazione dell’Antitrust, avvenuta in seguito al monitoraggio sulle pratiche di shrinkflation, entra in contrasto con la denuncia di molti economisti relativa alla mancanza di trasparenza e al fatto che, al consumatore, venga nascosta la riduzione del suo potere d’acquisto. L’Antitrust, “Autorità garante della concorrenza e del mercato“, parla di una “ormai diffusa consapevolezza sul fenomeno” ed è impossibile perseguire chi fa uso dello shrinkflation se rispetta gli obblighi delineati dal MIMIT, Ministero delle Imprese e del Made in Italy, fra cui quello di riportare chiaramente la quantità del prodotto e il relativo prezzo per unità di misura.
Pur essendo possibile segnalare i casi ritenuti “ambigui” o “non trasparenti” all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, la migliore arma contro questa pratica consiste nel confrontare i prodotti analoghi sulla base del loro prezzo per unità di misura, evitando di associare per istinto i bassi prezzi a maggior convenienza.
È importante anche prestare attenzione a tutti i fenomeni che in qualche modo ricordano la pratica dello shrinkflation, ad esempio la vendita di prodotti in confezioni multiple che però, a conti fatti, sono molto meno convenienti rispetto al singolo prodotto, in quanto più piccole. Altri accorgimenti riguardano i prodotti speciali o a “edizione limitata”, esaltati come più light o salutari, in cui sono l’estetica e la parità di prezzo a mascherare la riduzione del contenuto.
Esistono infine delle vicende degne di nota a riguardo, e una di esse riguarda le tazze per il cappuccino, che si sono ristrette sempre di più negli anni a discapito dei prezzi in salita. Come se non bastasse, nelle caffetterie in cui è possibile scegliere la dimensione della tazza, la versione grande corrisponde in realtà alla tazza standard di qualche anno fa che costava anche di meno.
Guardando all’estero risalta subito in primo piano la Francia, che ha assunto un ruolo di assoluto contrasto verso le pratiche di shrinkflation. il 16 aprile di quest’anno, il governo francese ha varato un decreto che renderà obbligatorio informare i consumatori sull’evoluzione, al rialzo dei prezzi, dei prodotti che hanno subito una diminuzione della quantità. A cominciare dal 1° luglio 2024, tutti i supermercati ed ipermercati francesi dovranno segnalare i prodotti soggetti a shrinkflation tramite etichette sugli scaffali, pena una multa fino a 3.000 euro per imprenditori individuali e 15.000 euro per le società. Persino prima di questo decreto, già nell’autunno 2023, Carrefour Francia aveva deciso in autonomia di applicare cartellini arancioni per gli scaffali di tutti i prodotti che, a prezzo invariato, erano diminuiti di dimensione.
Negli Stati Uniti, un gruppo di senatori ha avanzato lo Shrinkflation Prevention Act, in cui tale pratica commerciale è letteralmente definita come “sleale o ingannevole”. L’approvazione del disegno di legge consentirebbe, ai singoli stati, di agire contro i produttori che, pur ridimensionando le confezioni, continuano a vendere i prodotti a prezzi simili.
In attesa che simili proposte arrivino in Italia, è necessario indirizzare i cittadini verso una scelta consapevole e dar loro gli strumenti necessari per poter capire quand’è che viene ridotto il loro potere d’acquisto. Questo garantisce al consumatore anche la libertà di poter scegliere, poiché la libertà stessa viene compromessa laddove manchi una conoscenza.
Articolo a cura di Mattia Parravano