Interessante la pubblicazione dell’Istituto della ricerca sul vino, alimentare e salute (Irvas), in una nota evidenzia i risultati della ricerca americana “Change in habitual intakes of flavonoid-rich foods and mortality in US males and females – PubMed” pubblicato sulla rivista BMC Medical Educatio.
Fra gli autori della ricerca anche Walter Willett, epidemiologo della Harvard School of Public Health di Boston.
Lo studio sottolinea le qualità del vino e la possibilità di allungare la vita a chi lo assume; parliamo del vino rosso, se consumato in 3,5 bicchieri a settimana ridurebbe del 4% il rischio di mortalità, collegato soprattutto alle malattie cronico-degenerative.
Si legge:
«lo studio è particolarmente significativo perché ha preso in esame un campione molto ampio di soggetti statunitensi (ben 55.786 donne e 29.800 maschi ), di mezza età e senza malattie croniche come dato di partenza. Sono state valutate le associazioni tra i cambiamenti nell’assunzione di alimenti molto ricchi di flavonoidi e mortalità. È stato anche definito un punteggio, chiamato «flavodiet», basato sulla quota globale assunta di alimenti e bevande che sono noti per essere i principali contributori all’assunzione di flavonoidi. I flavonoidi sono una classe di polifenoli importante per gli effetti biologici molto positivi per la salute. Sebbene quasi tutti gli alimenti a base vegetale contengano flavonoidi, alcuni ne contengono concentrazioni eccezionalmente elevate. Per il vino rosso, questo studio evidenzia un rischio di mortalità inferiore del 4% per ogni aumento di assunzione di 3,5 bicchieri a settimana»
Lo stesso effetto positivo concernente la riduzione della mortalità vale anche per mirtilli, peperoni e tè; così l’assunzione di una tazza di tè, una porzione di mirtilli e un bicchiere di vino rosso comporta una riduzione del rischio di mortalità pari all’8%.
Gli autori dello studio concludono pertanto incoraggiando un aumento dell’assunzione di specifici alimenti e bevande ricchi di flavonoidi, in uomini e donne di mezza età, per ridurre il rischio di mortalità precoce.
Articolo a cura della Redazione