Chi è senza peccato scagli la prima pietra…
Per alcuni è facile giudicare, e, generalmente, chi giudica poi anche condanna. In questo secolo, con l’avvento dei social, sembra che giudicare e condannare sia una specialità di tutti, ma un conto è chi giudica e condanna secondo le leggi, dopo aver conseguito fior di titoli per farlo e un conto è il giudizio di chi condanna senza sapere e senza conoscere.
A volte, però, capita anche che chi dovrebbe giudicare secondo la Legge non nè ha possibilità perché gli viene impedito da qualche cavillo burocratico e chi ci rimette è chi viene condannato senza possibilità di vedersi riconosciuto un diritto che gli appartiene per Legge.
Succede che qualche tempo fa alcuni ragazzi in vacanza in Spagna commettono un reato, in verità un brutto reato. Vengono arrestati, giudicati e condannati secondo la Legge spagnola. La sentenza indica che i condannati scontino la loro pena in Italia, quindi vengono estradati ed imprigionati in Italia.
Uno di questi si chiama Antonio Di Giovanni ora detenuto presso la casa circondariale di Rebibbia N.C., ristretto presso il reparto G9, che sconta la sua pena da 14 anni ormai, sui 19 che la Legge spagnola gli aveva comminato.
La Legge italiana prevede che chi viene giudicato e condannato all’Estero e sconta la pena in Italia possa richiedere l’adeguamento della condanna secondo quello che prevedono le nostre norme per il reato per cui si è condannati. In questo caso in Italia la pena prevista per quel tipo di reato è inferiore a quella prevista dalla legge spagnola e, pertanto, l’adeguamento avrebbe dato modo al condannato di ridurre la sua pena di 5 anni, così che ora lui potrebbe aver terminato il suo debito e provare a condurre una vita normale.
Ora per noi che siamo al di fuori della vicenda verrà da pensare “cosa saranno mai 5 anni”, ma per chi è recluso già da 14 anni e, nel frattempo, è cresciuto e maturato comprendendo appieno il male fatto ravvedendosi, questi 5 anni sembrano non finire mai.
Parliamo di una persona che in questi anni ha compiuto un percorso con la prospettiva di poter tornare a vivere in maniera degna e, magari, poter essere utile alla società con il proprio lavoro e con le abilità acquisite durante la sua permanenza in carcere. Una persona che sa che se venisse applicata la legge lui avrebbe già da adesso questa possibilità.
E’ il caso di dire che la legge è uguale per tuti? In questo caso non proprio e a tutto questo nessuno riesce a dare una spiegazione a chi in carcere attende. Per questo ora Antonio ha intrapreso uno sciopero della fame che, speriamo, lo porti presto a conoscere le motivazioni di questa discriminazione oppure alla riderteminazione della pena secondo la Legge italiana.
Non si discute la colpevolezza, non si parla di quale reato… stiamo parlando di un diritto negato proprio da chi la Legge dovrebbe farla applicare, per il resto ci pensa già la coscienza a perpetrare la pena, perché la consapevolezza del male fatto è, forse, la condanna peggiore.
Gioia Cafaro